UNA SETTIMANA CON OBAMA|la vostra inviata al quartier generale di Obama negli ultimi gg di campagna

"io ho avuto una grande fortuna nella vita, ho sempre sentito quando la storia mi passava dinanzi. istinto. (...) ho capito che qui cambiava la storia, e io non potevo che farne il testimone. stavo per ritornare nell'himalaja, avevo già fatto le valigie. ma mi pareva ingiusto, mi pareva di abdicare al senso di tutta la mia vita, che è stato quello di farmi coinvolgere nelle grandi storie. e allora mi sono rimesso in viaggio."
      -T. Terzani-

Me ne stavo abbioccata sul divano col mac che mi bruciava di nuovo le ginocchia, quando queste sacrosante parole mi sono tornate alla mente e, ahimé, mi hanno condotta a questa piccola follia. 

Credo ci siano momenti di una tale portata storica che uno non può starseli a guardare in televisione. E allora ho messo da parte ogni altra cosa, lo studio, gli impegni, la pigrizia, la paura di volare e ho prenotato il mio biglietto per Chicago.
Perché comunque vada, cambierà il futuro di tutti noi. E quindi come cittadina del mondo, prima che americana, quell'atmosfera voglio respirarla a piena polmoni. Quella notte voglio viverla con questi occhi e sulla mia pelle.

Ho una cugina, là, che lavora alla campagna elettorale. Mi ospiterà per una settimana, dal 1 al 7 di novembre. Nei primi giorni le darò una mano al quartier generale di Obama, poi mi vivo la notte dei risultati, resto ancora un paio di giorni e torno a casa.

Di questa piccola avventura voglio lasciare una traccia qui. Per me, per gli amici che mi seguono da casa e per chi come me è curioso di sapere che aria tira, là, dove si gioca sul serio questa partita. Che per come girano le cose, purtroppo, ha come posta il destino di mezza umanità. Tenete i crocini, va.

vostra inviata nel delirio,
elly

lunedì 19 gennaio 2009

I DETTAGLI CHE HO PERSO PER STRADA - parte quattro

ecco finalmente a voi il mio video inedito (in 2 parti) di quella notte a grant park!
in alto sulla destra i link (per data) ai post dei giorni delle elezioni.

IL DELIRIO A GRANT PARK

io e mia cugina ci siamo messe in fila verso le sei e mezza. i cancelli aprivano alle otto e mezza. fiumi di gente con gli occhi lucidi su michigan avenue. lo speaker ripeteva ininterrottamente le istruzioni sui controlli di sicurezza. forse poteva anche aspettare due minuti tra un annuncio e l’altro, considerando che quando sei in coda insieme a altre 250'000 persone ti sposti di un metro ogni quaranta minuti. abbiamo dovuto passare due perquisizioni e un metal detector. nel frattempo arrivavano i primi risultati. ovviamente appena qualcuno nella ressa riceveva un risultato via sms si metteva a sbraitare causando un minuto e mezzo di urla e delirio generale. non che nessuno capisse davvero cos’era successo. tutti urlavano, urlavi anche tu. una bizzarra variante del passaparola, tra migliaia di persone in coda. e in fibrillazione. al termine della urla con un po’ di culo sentivi anche che stato avevamo appena vinto. io in tutto ciò dovevo fare un collegamento telefonico con rete uno. con le linee intasate già non era facile, in più mi chiamavano sempre nei momenti meno opportuni. la prima volta durante una perquisizione. il poliziotto mi ha guardata come fossi un detonatore. la seconda invece dopo che, una volta entrata nel parco, avevo già fatto mezzora abbondante di fila per comprare una obama-maglietta e finalmente era il mio turno. ho dovuto far passare davanti tipo dieci persone.

nella folla immensa c’è addirittura gente che si ritrova, che ha fatto insieme il volontariato. ci posizioniamo anche noi, grossomodo a metà del parco. ci aspettava ancora qualche ora di attesa. io ovviamente avevo davanti a me una squadra di basket e non vedevo niente. ci spostiamo, strisciando tra la gente. l’atmosfera non era tesa, era di festa. tutti parlavano di una notte lunga, di previsioni in bilico, di testa a testa all’ultimo voto. ma non è stato così. la vittoria dell’ohio, della pennsylvania. già nelle prime ore stava andando meglio di quanto credessimo. la florida, poi, è stata un’emozione. quella stessa florida del 2004 e del 2000. era fatta. è inimmaginabile quello che è stato il conto alla rovescia alla chiusura delle urne negli stati più ad ovest. un caleidoscopio infinito di volti, anziani giovani e bambini di ogni razza ed estrazione sociale. …tre, due, uno. e compare sull’unico megaschermo l’annuncio della cnn. “obama elected”. boato generale. una svolta. gente che s’abbraccia senza conoscersi, piange, lancia i bambini per aria. epico.


e mentre sul megaschermo dal raduno repubblicano parlava mc cain (che tra l’altro poteva anche darci un taglio, non la finiva più) la gente ascoltava in rispettoso silenzio. a parte qualche battuta e qualche risata ogni volta che mc cain, rivolgendosi ai suoi, la definiva come una serata triste. dopo una buona mezzora è arrivato l’atteso annuncio “ladies and gentlemen…please welcome…”. ma era solo un prete. ha detto una preghiera. inquietante stare in mezzo a un quarto di milione di persone che dicono “amen”. altri dieci minuti di musica country e finalmente di nuovo l’annuncio “laaaadies and gentlemen”. ma era solo jesse jackson. parole commosse, e che muovono, le sue. ma la sensazione è quella da gruppo spalla. bravo, bravo, ma ora levati dalle palle e dai inizio alla festa. altri dieci minuti di musica amena. il terzo era quello vero. “laaaadies and gentlemen, please wecome, the new first family of the united states of america.” 

escono obama con moglie e figlie, e biden con la moglie. gli applausi e le grida si placano, e inizia il discorso che tutti abbiamo sentito.  stupendo. ma breve e conciso. è un uomo di fatti, più che di parole.


dopo che il nuovo presidente giovane nero ed ecologista ha lasciato il parco, la gente si è riversata in preda al più vivo entusiasmo sulla celebre michigan avenue. danzando, salendo sulle cose, cantando e suonando cestini dell’immondizia e lampioni. tamburi, cori, “oooooo-ba-ma!”, canti improvvisati con gruppi di donne di colore che ci imbastivano sopra una seconda voce con i loro virtuosismi spettacolari. la gente si metteva in posa, issava bandiere. e tutto il mondo stava a guardare, feste dappertutto. ho visto immagini dei giapponesi che saltavano e si sbracciavano tipo sotto anfetamina.  in kenya hanno dichiarato festa nazionale e chiamato una caterba di bambini barack, il giorno dopo. un paesino francese gli ha già intitolato una piazza. è questa la portata della fiducia che tutto il mondo ripone in lui. ma mentre sembrava che il mondo intero fosse intento a festeggiare, c’era chi continuava a lavorare: sulla strada un sacco di sciacalli vendevano già le magliette “yes, we did!”, calde di stampa. in fondo è questa l’america che conosciamo, “la terra delle opportunità”. vediamo se obama, ma personalmente ho pochi dubbi, riesce a ridarle anche un po’ di dignità.

vostra devota inviata che oggi ha surfato anche le onde radio,

elly

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